Emel'jan Jaroslavskij.

Cartina dell'Italia

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Jaroslavskij, Emel'jan.

Pseudonimo di Minej Izrailevic Gubel'man. Rivoluzionario russo. Iscritto al Partito socialdemocratico, fu deportato in Siberia dalla polizia zarista; rientrato a Mosca nel 1917, fondò e diresse il primo giornale bolscevico, "Derevenskaja Pravda". Lasciò diversi studi sulla rivoluzione e la guerra civile (Siberia 1878 - Mosca 1943).

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Pseudònimo.

Di opera pubblicata o nota sotto un nome diverso da quello del suo vero autore. ║ Falso nome, in particolare quello con cui uno scrittore firma le sue opere o i suoi scritti. - Dir. - Lo p., quando abbia assunto la stessa importanza del nome, è tutelato allo stesso modo di questo, cioè mediante azione giudiziaria in caso di usurpazione o di contestazione da parte di altri.

Rivoluzionàrio.

Che costituisce o attua una rivoluzione politica e sociale. ║ Che combatte per una rivoluzione. ║ Fig. - Che porta mutamenti radicali in qualsiasi ambito: una scoperta r.

Partito.

Associazione volontaria di cittadini che condividono una determinata ideologia e si propongono l'attuazione di un preciso programma politico e sociale. ║ Per estens. - Gruppo di persone, anche privo di una struttura organizzata, che condividono determinati interessi e opinioni, oppure che hanno orientamenti comuni nei confronti di specifici problemi. ║ P. di massa: p. che ha un largo seguito in un Paese. ║ P. unico: p. che, dopo aver sconfitto gli altri, instaura una dittatura. ║ Ciascuna delle soluzioni che si possono adottare quando si deve operare una scelta. ║ Prendere p.: risolversi, decidersi. ║ Per p. preso: per decisione preconcetta e ostinata, presa indipendentemente da considerazioni obiettive. ║ Persona da sposare, in rapporto alla sua condizione economica e sociale: cercare un buon p. ║ Stato, condizione: ridursi, trovarsi a mal p. ║ Ant. - Deliberazione di un organo collegiale. ║ Ant. - Votazione, scrutinio. ║ Ant. - Setta, fazione. ║ Ant. - Avere buon p., cattivo p.: trovarsi in una situazione favorevole, sfavorevole. ║ Ant. - A ogni p.: a ogni costo, in ogni modo. ║ Ant. - A nessun p.: in nessun modo, a nessun patto. ║ Ant. - Prestito concesso spontaneamente dai banchieri allo Stato; in particolare, a Venezia, appalto di entrate pubbliche. - Dir. - Secondo l'art. 49 della Costituzione italiana tutti i cittadini godono del diritto di associarsi liberamente in p., per contribuire alla vita politica nazionale. Costituiscono eccezione: il divieto di ricostituzione del P. Fascista e il divieto di costituzione di p. sovversivi o che minaccino l'ordine costituito con propositi rivoluzionari. Il p. si configura come "associazione non riconosciuta", priva cioè di personalità giuridica, i cui dirigenti sono tenuti a rispettare la responsabilità delle obbligazioni assunte. Il p. politico gode tuttavia del diritto di tutelare il proprio nome, il proprio contrassegno e la propria bandiera. L'attività interna del p., regolata dallo specifico statuto, non è controllabile da parte dello Stato; esso si riserva, tuttavia, un diritto di controllo sull'attività esterna, che deve rispettare i principi democratici fondamentali. In tutti gli ordinamenti giuridici moderni, pur non essendo organi in senso stretto dello Stato, i p. svolgono la fondamentale funzione di mediazione tra il cittadino e gli organi pubblici e, sotto la forma di gruppo elettorale (che esercita funzioni costituzionali in occasione delle elezioni) e gruppo parlamentare (che esercita funzioni costituzionali nel corso dell'attività parlamentare), hanno un rilievo specifico di natura pubblicistica nelle leggi dello Stato. Inoltre, nei gruppi parlamentari, la disciplina del gruppo vincola i componenti alla disciplina di p., tranne nel caso della votazione a scrutinio segreto. - Encicl. - Già la storia antica offre alcuni esempi di schieramenti politici (p. di Cesare a Roma, guelfi e ghibellini nell'Italia medioevale, ecc.). Tuttavia, le prime organizzazioni che, a pieno titolo, possono essere considerate come p. appartengono a tempi più recenti; esse furono, infatti, conseguenza dello sviluppo, verificatosi nell'Ottocento e nel Novecento, del parlamentarismo e della progressiva diffusione dei principi liberali e democratici che garantirono la sovranità popolare e la libertà d'associazione (sancita, nella Costituzione italiana, dall'art. 49). Nel periodo dello Stato liberale, con la prevalenza del suffragio elettorale censitario (o ristretto), il ruolo dei p. politici nell'ambito sociale era ben definito e diverso dall'attuale. Max Weber considerò i p. politici associazioni private volte ad assicurare ai propri membri vantaggi personali, soprattutto di natura materiale, influenzando le sfere del potere politico e amministrativo. Secondo B. Croce i p. rappresentavano invece il più alto momento organizzativo etico-politico e il più efficace strumento espressivo delle singole personalità protagoniste della storia. Al contrario, nella teorizzazione marxista-leninista, i p. politici si posero come semplici sovrastrutture a copertura di precisi e contrapposti interessi di classe, direttamente connessi alle basi economico-produttive caratterizzanti ogni società. In particolare, il P. Comunista doveva essere formato dalle sole avanguardie operaie più mature, i cosiddetti "rivoluzionari di professione", ai quali spettava la responsabilità di guidare il proletariato fino alla fase rivoluzionaria vera e propria. La tesi gramsciana aggiunse ulteriori aspetti originali, per i quali il p., qualificato come "il moderno principe", doveva porsi come obiettivo la supremazia sulla società suscitando, attraverso la fiducia degli intellettuali, il consenso delle più ampie forze democratiche. In tempi più recenti la scienza politica abbandonò le vecchie definizioni di p., applicando metodi analitici rigorosi e sistematici basati sull'analisi delle strutture di base interne alle associazioni politiche. Mentre secondo R. Michels i p. erano carismatici o di interesse di classe o di interesse ideologico, secondo V. Pareto transigenti (con grandi probabilità di divenire p. di Governo) o intransigenti (destinati a un'opposizione permanente), secondo B. Croce liberali o reazionari (in senso più esteso dell'accezione originaria), la moderna classificazione di M. Duverger distingue i p. in p. di comitato, p. di sezione, p. di cellula e p. di milizia. ║ P. di comitato: tipo di p. nel quale la struttura burocratica risulta estremamente ridotta ed è comunque priva di gerarchie formali. Esso ha vitalità intermittente, esprimendosi soltanto in occasione delle campagne elettorali, nella forma del comitato impegnato nella raccolta dei suffragi a favore di singoli candidati. Tale struttura risultò particolarmente adeguata alle esigenze della lotta politica nel contesto dello Stato liberale ottocentesco, caratterizzato dal sistema del collegio uninominale e fondato sul censo, facilmente influenzabile attraverso i club o circoli, operanti con criteri clientelari. ║ P. di sezione: come conseguenza dell'estensione del corpo elettorale nacquero i p. di massa (primi tra tutti i p. socialisti), che si proposero la risoluzione di problemi peculiari, quali l'individuazione dei deputati e l'inserimento nella vita dello Stato degli strati proletari. Tali p. avevano l'esigenza di svolgere un'attività metodica e continuativa allo scopo di ottenere una diffusione capillare partendo dalla periferia e coprendo interamente il territorio dello Stato; furono creati quindi elementi di base locali, detti appunto sezioni, la cui attività fu coordinata da un gruppo dirigente centrale. ║ P. di cellula: organizzazione scelta, nella impossibilità di agire scopertamente, dai p. rivoluzionari nel contesto della Russia zarista. In grado di operare nella clandestinità e di sfuggire alle repressioni poliziesche, la cellula, costituita da 15-20 persone (di norma accomunate dal medesimo luogo di lavoro o attività, al fine di limitare il più possibile il rischio di infiltrazioni di delatori), si rapportava direttamente ai centri dirigenti superiori, escludendo ogni rapporto orizzontale con altre cellule. ║ P. di milizia: p. dotati di rigida struttura paramilitare, con nuclei armati e addestrati, divise particolari (per esempio le cosiddette "camicie nere"), inni marziali, ecc. Nel periodo fra le due guerre mondiali assunsero tale caratterizzazione i movimenti fascisti, postisi su un piano nettamente antiparlamentare, con l'intenzione dichiarata di distruggere lo Stato liberale rappresentativo, nel più completo disprezzo dei principi democratici. ║ Sistema a p. unico o monopartitismo: regime politico nel quale il p. aspira a identificarsi con lo Stato. Tale regime fu attuato, nel corso del XX sec., negli Stati totalitari a regime fascista. Per ragioni opposte, nelle tesi comuniste il p. rappresenta l'organo d'azione della dittatura del proletariato e agisce sullo Stato in vista della costituzione di una società senza classi, della messa fuori legge di ogni p. concorrente e della soppressione dello Stato stesso. ║ Bipartitismo: V. ║ Multipartitismo: regime politico nel quale sono presenti numerosi p., nessuno dei quali, in genere, possiede una solida maggioranza assoluta. Si tende quindi a ricorrere a Governi di coalizione, in cui più p., in proporzioni differenti, costituiscono la maggioranza di Governo, mentre altri costituiscono l'opposizione. Si tratta di un sistema caratteristico delle democrazie dell'Europa occidentale, ad eccezione della Gran Bretagna.

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Socialdemocràtico.

Relativo alla socialdemocrazia; appartenente alla socialdemocrazia o alla politica di un partito di ispirazione socialdemocratica.

Socialdemocrazìa.

Nome attribuito alle correnti e ai partiti di tradizione socialista che operarono in un contesto politico democratico e in un ambito di economia capitalistica, rifuggendo il modello rivoluzionario marxista-leninista.

Socialista.

Relativo al Socialismo. ║ Che sostiene il Socialismo.

Socialismo.

Insieme di dottrine e movimenti accomunati dalla critica al capitalismo, fondato sulla proprietà privata e sull'accentramento della ricchezza nelle mani di una minoranza privilegiata, e dalla proposta di una trasformazione della società in senso collettivistico ed egualitaristico. In senso più storicamente determinato, il S. ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un sistema di idee e valori in grado di indirizzare i gruppi e i partiti, che al S. si richiamano, verso l'obiettivo di un ordine politico e sociale dove le sperequazioni siano superate attraverso correttivi applicati ai processi di produzione e ridistribuzione del reddito. - St. - La concezione di S. ha radici in tempi assai anteriori alla Rivoluzione industriale: basti ricordare i movimenti ereticali (meglio detti comunionisti) del Medioevo, che predicavano l'uguaglianza totale nella comunione dei beni e, su un piano di elaborazione intellettuale, le utopie di T. Moro e T. Campanella. Tuttavia il termine comincia ad apparire soltanto negli anni 1820-30 in Francia e in Inghilterra, rispettivamente negli scritti di P. Leroux e presso il gruppo facente capo a R. Owen. Nel primo caso, sotto l'etichetta di S. prendeva forma una decisa opposizione al Liberalismo, mentre nel secondo prevaleva l'istanza sociale e la priorità della questione operaia. A questa prima fase del pensiero socialista, detta genericamente del S. utopistico (secondo la definizione di K. Marx) appartiene la schiera di teorici e militanti francesi, accomunati dal riferimento storico alla Rivoluzione del 1789. Subito si evidenziano, all'interno del movimento, due correnti di pensiero originate da una differente interpretazione di questo evento storico: da una parte la posizione di pensatori quali C.-H. de Saint-Simon, F.-M.-Ch. Fourier, J.-J.-Ch.-L. Blanc, E. Cabet, P.-J. Proudhon, che ricavarono dalla constatazione del sostanziale tradimento delle istanze rivoluzionarie un atteggiamento di rifiuto della politica e dei suoi metodi violenti. Fourier e Saint-Simon furono teorici puri che elaborarono dei progetti di società organizzata secondo principi di solidarietà e collaborazione, nella quale la soluzione dei problemi sociali è affidata al progresso della scienza e della tecnica. Fortemente ridimensionata appare la funzione dello Stato, limitata alla salvaguardia dell'ordine pubblico e della sicurezza. Tra i principali bersagli critici di questi pensatori è la Chiesa, connivente nella conservazione dello status quo. Ampio seguito ebbero anche le idee di Proudhon che, profondamente contrario allo statalismo, elaborò l'idea di una società di cooperative, divisa in federazioni e nella quale venisse attuato il decentramento; dal pensiero di Proudhon nascerà l'Anarchismo come indirizzo avverso al S. per la diversa interpretazione del ruolo dello Stato. Dall'altra parte abbiamo invece gli esponenti dell'ala radicale del S. utopistico, tra cui L.-A. Blanqui, F. Buonarroti, F.-N. Babeuf, che considerarono prioritario il momento dell'azione, facendone oggetto esclusivo delle loro riflessioni. Attribuito il fallimento della Rivoluzione francese a una carenza organizzativa, essi indicarono nella conquista del potere politico, ottenuta attraverso l'azione cospirativa e insurrezionale, il necessario presupposto per l'affermazione del principio egualitario e del comunismo dei beni. Fin da allora questa corrente preferì adottare la definizione di Comunismo piuttosto che di S.; comuniste venivano anche chiamate le società segrete attive in Francia fra il 1835 e il 1840, ispiratrici della linea Babeuf-Buonarroti. In Gran Bretagna si sviluppò un movimento che, a differenza di quelli francesi, rivolse la propria attenzione all'ambito socio-economico piuttosto che politico, senza preoccuparsi di elaborare rigidi sistemi teorici entro cui adattare l'azione concreta. L'esponente più rappresentativo del cosiddetto S. pragmatico anglosassone fu R. Owen. Egli tentò di tradurre in pratica le sue idee, prima nella fabbrica di New Lanark di cui era comproprietario e direttore, poi fondando nel 1826 la colonia comunistica New Harmony·(Stati Uniti). Lontano dal rigettare il progresso industriale e tecnico, Owen auspicava invece una pianificazione della produzione industriale che ponesse al centro la tutela della classe operaia, garantendo accettabili condizioni di lavoro e di vita. In particolare, egli affermò l'importanza della funzione delle trade unions, libere associazioni fra lavoratori, quali baluardi nella difesa dei livelli salariali. II riformismo pragmatico di Owen fu assimilato dal movimento cartista e dal sindacalismo inglesi, che rifiutarono invece gli eccessi del S. rivoluzionario. Con K. Marx e F. Engels il S. internazionale subì una svolta cruciale, di cui gli autori stessi furono consapevoli definendo il loro come S. scientifico. Nel Manifesto del partito comunista (1848), essi distinsero il loro S. dalle altre versioni "degeneri", tra le quali annoverarono anche il S. utopistico di Proudhon. In effetti, i due pensatori intrapresero un'analisi scientifica rigorosa dei rapporti che si formano tra le componenti sociali in relazione alla struttura economica capitalistica e del loro prevedibile sviluppo storico. Solo il totale capovolgimento del sistema economico avrebbe portato al cambiamento di ogni altra "sovrastruttura", cioè lo Stato, la politica, il diritto, la morale, ecc. Secondo questa analisi, il proletariato sarebbe stata la forza in grado di realizzare il programma di azione rivoluzionaria per la trasformazione della società capitalistica in società socialista e quindi comunista. A questo punto i due termini di S. e Comunismo subiscono una differenziazione di rilevanza fondamentale per le loro applicazioni storiche successive. Secondo Marx, infatti, il S. rappresenta una fase transitoria del processo rivoluzionario, nella quale si instaura la dittatura del proletariato e, con essa, la fine della proprietà privata, fase necessaria a preparare l'avvento della società comunista. Dopo il fallimento dei moti rivoluzionari del 1848 si presentò il problema di organizzare su scala sovranazionale il movimento operaio e socialista dal momento che, proprio nella formulazione teorica marxista, la lotta delle masse supera le divisioni nazionali in quanto, al di là dell'appartenenza o meno a una Nazione, ciò che veramente distingue gli uomini sono le differenze di classe. Nacque così la Prima Internazionale (1864-76), con lo scopo di coordinare e indirizzare le varie organizzazioni proletarie verso obiettivi comuni. Qui il Marxismo si incontrò con il movimento operaio dei diversi Paesi europei, che cominciava a liberarsi del velleitarismo proprio del primo S. Fu riconosciuta l'importanza tattica del riformismo democratico, con una serie di obiettivi di medio termine (miglioramento salariale e delle condizioni di lavoro, riconoscimento delle associazioni operaie, conquista dei diritti civili), nonché l'opportunità delle "vie nazionali" al S., anche non rivoluzionarie nei Paesi a tradizione liberal-democratica (Gran Bretagna, Stati Uniti). Intanto, dall'esperienza duramente repressa della Comune parigina del 1871, diretta da blanquisti, proudhoniani e giacobini, Marx ricavò la convinzione che non vi fossero le condizioni oggettive per il successo di un'azione insurrezionale. Nel 1889 sorgeva la Seconda Internazionale (1889-1917) che vide la preminenza della socialdemocrazia tedesca, il cui ideologo principale era K. Kautsky. I dibattiti tra e all'interno dei vari partiti operai europei (laburismo inglese, socialdemocrazie tedesca e austriaca, S. francese e italiano) furono accesissimi durante tutto il periodo della Seconda Internazionale; la stessa dottrina marxista venne reinterpretata ora in chiave rivoluzionaria ora in chiave riformistica, con risultati che segneranno in modo indelebile lo sviluppo del S. nelle diverse realtà storiche. In Inghilterra il Marxismo rimase sempre una componente minore del movimento operaio, il quale era rappresentato dal Partito laburista (1906) collegato alle trade unions. K. Kautsky e R. Luxemburg furono i paladini dell'ortodossia marxista, difendendo la necessità dell'azione rivoluzionaria contro le posizioni fortemente critiche di E. Bernstein, che confutava le previsioni scientifiche del materialismo storico e indicava alle masse la strada del gradualismo e della democrazia, "alta scuola di compromesso". Inoltre, negli anni precedenti il primo conflitto mondiale, la controversia sulla posizione da assumere nei confronti della guerra dimostrò l'incapacità dei partiti socialisti, nella loro maggioranza neutrali o favorevoli al conflitto, di porre la solidarietà di classe al di sopra degli interessi nazionali. Queste tensioni sfociarono nella creazione, nel 1919, della Terza Internazionale, o Internazionale Comunista, che ebbe come partito-guida quello bolscevico e come modello la rivoluzione sovietica compiuta due anni prima. Lenin, il capo della fazione vittoriosa, liquidò sprezzantemente il S. revisionista e indicò nell'ideologia comunista, "onnipotente perché giusta", la dottrina ufficiale del partito rivoluzionario e dello Stato socialista con il quale si identifica. I partiti socialisti europei della corrente riformista accusavano il Comunismo sovietico di degenerazione dispotica e difendevano la democrazia parlamentare; un'altra corrente, più vicina alle posizioni comuniste, pur ammettendo la necessità della dittatura del proletariato, non approvava i metodi sovietici di conduzione dello Stato e del partito. Solo l'aggravarsi della situazione internazionale e l'avvento in Europa delle dittature di destra determinarono un avvicinamento delle due posizioni, con la costituzione di fronti popolari per la comune lotta di resistenza. Nel secondo dopoguerra il S. europeo, opponendosi nettamente alle esperienze sovietica e cinese e sviluppando le tendenze già presenti tra le due guerre, compì il suo affrancamento dall'ideologia marxista e rivoluzionaria secondo un processo che comportò la legittimazione del sistema parlamentare, nonché l'accettazione di un ruolo di pragmatismo politico. Significativi, a questo riguardo, alcuni fatti tra i quali, in Italia, la rottura del patto fra PSI e PCI dopo l'invasione sovietica in Ungheria (1956), il congresso di Bad Godesberg (1959) che segnò, da parte della socialdemocrazia tedesca, l'abbandono del Marxismo, dell'idea di partito di classe e del S. come ultimo fine. I partiti socialisti, diventati a tutti gli effetti partiti socialdemocratici, si sono venuti costruendo un'identità sempre più popolare e sempre meno di classe e, come tali, hanno assunto ormai da tempo responsabilità di governo nei rispettivi Paesi: basti pensare al Partito laburista in Gran Bretagna e alle socialdemocrazie scandinave. La loro azione politica ed economica, quali forze governative, è stata soprattutto ispirata al principio del welfare state, come contemperamento fra le esigenze di giustizia ed equità sociale propugnate dal S. e i meccanismi del libero mercato e dell'accumulazione capitalistica. Tale modello di Stato, all'impostazione teorica del quale hanno contribuito studiosi quali J.A. Schumpeter, W.H. Beveridge e J.M. Keynes, inaugura impensatamente l'incontro fra S. e Liberalismo e rappresenta il risultato del profondo cambiamento degli orientamenti etico-politici del S., che ha sostituito all'idea della nazionalizzazione generale quella del controllo del mercato, da parte dello Stato, mediante programmi concordati fra le varie parti sociali. Tuttavia, sul piano dell'analisi teorica, il welfare state e la stessa praticabilità del S. democratico e liberale sono state sottoposte a una valutazione critica da parte sia della sinistra rivoluzionaria, secondo la quale le politiche di welfare non sono che un modo mascherato per consolidare il sistema capitalistico, sia del Liberalismo radicale (per esempio di F.A. von Hayek, L. von Mises, M. Friedman) per il quale lo Stato sociale tende inevitabilmente alla burocratizzazione e al collettivismo, preparando la strada al totalitarismo. Su un piano storico, il S. come programma politico e come progetto di società alternativa ha subito presso l'opinione pubblica i duri contraccolpi dovuti al progressivo sgretolarsi, dalla fine degli anni Ottanta, degli Stati a S. reale dell'Est europeo. ║ S. della cattedra: espressione coniata dal liberista tedesco H.B. Oppenheim nel libro Der Kathedersozialismus (1872), in polemica verso un gruppo di studiosi (tra i quali G. von Schmoller, A.H.G. Wagner, L.J. Brentano) che sostenevano in Germania la necessità di limitare gli effetti negativi del Liberalismo sul piano etico-sociale attraverso l'attuazione, da parte dello Stato, di una politica sociale a favore delle categorie più disagiate.

Karl Marx

Karl Marx

"Socialismo reale e realtà" di Bettino Craxi

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deportato

part. pass. di deportare ; anche agg. e s. m. (f. -a ) Che (o Chi) ha subito la deportazione.

Sinonimi

deportato

(agg.), confinato, relegato.

Deportazione.

Pena mediante la quale il condannato viene privato dei diritti civili e politici, allontanato dal luogo del reato e relegato in un territorio lontano dalla madrepatria. ● St. del dir. - Istituita dal Diritto penale romano, durante il principato di Augusto, come una pena derivata dall'esilio, stabiliva per il deportato la perpetua perdita della cittadinanza, ma non della libertà, e la confisca dei beni. Nel Medioevo la d. decadde e fu sostituita dal bando e dall'esilio. In epoca moderna, dopo la scoperta dell'America e con la nascita degli Imperi coloniali, la d. fu ristabilita in alcuni Paesi europei (Portogallo, Spagna, Francia, Inghilterra), sia per colonizzare nuove terre, sia per allontanare dalla madrepatria delinquenti o avversari politici. Nell'Impero britannico, ad esempio sotto il Regno di Elisabetta I, la pena di morte poteva essere commutata nella d. nelle colonie: si formarono così colonie di deportati, dapprima in America e poi, dopo l'indipendenza americana, in Australia e in Nuova Zelanda. Spesso i deportati, affidati a imprenditori come lavoranti, potevano riscattare la propria libertà con il guadagno del proprio lavoro. Nel 1857 la d. fu abolita. La Russia zarista utilizzò la d., soprattutto verso la Siberia e l'isola di Sachalin; abolita nel 1917, la pena fu in seguito prevista solo per i condannati politici. Anche la Germania nazista fece largo uso della d., sia per motivi politici, sia per ragioni razziali: gli Ebrei, in particolare, furono deportati in appositi campi di concentramento. In Italia si discusse in varie occasioni dell'opportunità di introdurre la d.; tuttavia, la pena non entrò mai nell'ordinamento penale.

Sibèria.

Regione (12.800.000 kmq; 40.000.000 ab.) della Russia, nell'Asia centrale. Confina a Ovest con gli Urali, a Sud col Kazakistan, la Cina, la Mongolia e la Corea del Nord. Si estende longitudinalmente per circa 130°, è bagnata a Est dall'Oceano Pacifico e a Nord dal Mar Glaciale Artico, su cui si protendono le penisole di Jamal, Gydan e Tajmyr. All'estremità orientale si trova la penisola di Ciukci e a Sud di questa la penisola di Camciatka che, compresa tra il Mar di Bering a Est e il Mar di Ochotsk a Ovest, si distende nell'Oceano Pacifico. - Geogr. - Morfologia e idrografia: dal punto di vista morfologico è possibile distinguere due entità ben delimitate, il grande Bassopiano Siberiano Occidentale e l'Altopiano Siberiano Centrale, cui si aggiunge una terza unità morfologica nella quale confluiscono i rilievi - per altro non omogenei per costituzione e composizione - che si allungano verso l'estremo confine orientale. Il Bassopiano Siberiano Occidentale comprende la zona che si estende dai Monti Urali al fiume Jenissei (oltre 1.600 km) e dal confine con il Kazakistan al Mar Glaciale (oltre 1.900 km). Caratterizzato da grandi estensioni pianeggianti movimentate solo in parte dalla presenza di colline che raramente superano i 200 m di altezza, il Bassopiano è formato da sedimenti fluvio-glaciali recenti nei quali affiorano formazioni geologiche marine di Età mesozoica che ricoprono le antiche basi di formazione degli Urali. La regione è attraversata dall'Ob', nato nei Monti Altai con il nome di Katun'. Sul suo corso medio sorge la maggiore città della S., Novosibirsk. Arrivato al Bassopiano il fiume devia bruscamente a Nord-Ovest e arriva alla cittadina di Hanty-Mansijsk, dove riceve le acque dell'Irtys, suo più grande affluente. Dopo un'ulteriore deviazione verso Nord, l'Ob' sfocia nel golfo al quale dà il nome. Gelato per la maggior parte dell'anno verso l'interno, l'Ob' ha la foce libera dai ghiacci solo durante l'estate. In modo simile si comporta lo Jenissei, altro fiume importante del Bassopiano, posto al suo estremo confine orientale, al di là del quale inizia l'Altopiano Siberiano Centrale. Questo, nella sua parte settentrionale, è composto dalle antiche formazioni del Tajmyr e dei Monti Putorama, mentre al centro è formato da blocchi separati dalle altezze comprese tra i 300 e i 750 m. I fiumi principali di questo settore dell'Altopiano sono l'Angara, il Tunguska Pietrosa e il Tunguska Inferiore, tutti affluenti di destra dello Jenissei. Più a Sud si ergono le formazioni erciniche dei Saiani e le montagne dell'Altai. Verso Sud-Est si incontrano i Monti Iablonovi e Stanovoi, a Nord dei quali scorre la Lena, un fiume che, nato presso la sponda occidentale del Lago Bajkal, si muove a Nord di esso, raccogliendo, tra le altre, le acque dell'Aldan. La parte orientale dell'Altopiano è delimitata da numerosi massicci (di Verchojansk, di Cerskij, dei Ciukci, dei Coriachi) tra i quali trovano posto i corsi, la maggior parte dell'anno gelati, dei fiumi Jana, Indigirka, Kolyma. Verso il Pacifico si trova la cima più elevata della S., quella del vulcano Ključevskaia Sopka (4.750 m), presente in Camciatka, oltre ai Monti dello Dzugdzur e del Kolyma (sul Mar di Ochotsk, nel quale sfocia anche l'Amur, l'unico fiume che resta gelato solo pochi mesi l'anno) e a quelli del Sichote-Alin' (sul Mar del Giappone). ║ Clima: il clima siberiano è continentale freddo, con inverni rigidissimi e brevi estati; le temperature medie invernali sono inferiori ai -50 °C, che salgono a -30 °C nella parte meridionale della regione. Durante il periodo estivo le temperature raggiungono i 15-20 °C, così che l'escursione termica annua supera i 60 °C. Nelle estreme regioni orientali e in quelle del corso inferiore dell'Amur le temperature estive possono superare i 20 °C. A un clima estremamente inospitale si aggiunge la scarsezza delle precipitazioni, dovuta alla poca evaporazione estiva del Mar Glaciale Artico, cui si somma la grande lontananza dalle distese oceaniche, aggravata dalla disposizione dei rilievi, che impediscono la penetrazione delle masse di aria umida. Se si escludono i rilievi sul Pacifico, la media annua di precipitazione è di 300 mm, quasi esclusivamente concentrata nel periodo estivo. Le precipitazioni nevose sono quindi limitate, ma lo scioglimento del manto nevoso a giugno contribuisce ad ampliare gli allagamenti dovuti al gelo che ostacola il deflusso dell'acqua dei fiumi verso il Mare Artico. ║ Vegetazione: il paesaggio gelato della tundra (in cui sopravvivono, accanto ai licheni e ai muschi, specie vegetative prive di elementi arborei) domina la zona costiera settentrionale, le aree di montagna e le parti in cui il suolo, detto permafrost, o localmente merzlotà, si presenta permanentemente ghiacciato, mentre tutta la fascia centrale è interessata dalla foresta di conifere e betulle (taiga) che, ove si dirada, lascia il posto a vaste paludi. A Sud si allunga una stretta fascia di steppe e, al confine con la Manciuria, si sviluppa la foresta di latifoglie (betulle, frassini, querce, tigli). ║ Fauna: è piuttosto ricca e annovera, fra i mammiferi, numerosi roditori (castori, scoiattoli) e animali da pelliccia (ermellini, martore, faine e volpi), oltre ai grandi erbivori, tra i quali grande importanza assumono le renne, in quanto cibo base di lupi e tigri, peraltro ormai rare. Ad essi si aggiungono numerosi volatili e una ricca popolazione ittica, in cui prevalgono salmoni e storioni. - Econ. - Se fino agli anni Ottanta del XX sec. l'economia era interamente incentrata sullo sfruttamento della foresta, sulla caccia, sull'allevamento degli animali da pelliccia, sulla pesca e sull'agricoltura, i decenni successivi sono stati caratterizzati da uno sforzo inteso alla distribuzione dei complessi industriali e allo sfruttamento delle risorse locali: carbon fossile, idrocarburi, ferro, stagno, zinco, rame, nichel, bauxite, manganese, oro, diamanti, sali potassici e fosfati. L'autonomia energetica della regione è garantita da centrali termiche e da alcuni bacini idroelettrici posti sui fiumi Ob', Angara e Amur. La produzione industriale spazia dal settore del legno e della cellulosa a quelli metallurgico, siderurgico, meccanico, tessile, chimico, conserviero, alimentare, del cemento. In continua espansione sono anche le reti di oleodotti e di metanodotti. I mezzi di trasporto della regione sono costituiti prevalentemente dalla ferrovia Transiberiana, dalla navigazione fluviale e da quelle sul Mar Glaciale Artico e sul Pacifico, e da una fitta rete stradale. Numerosi sono anche gli aeroporti. - Antropol. - Popolazione odierna: prima della conquista imperiale zarista la popolazione era costituita da gruppi di popoli nomadi, dediti prevalentemente alla raccolta e alla caccia. Durante il XIX sec. il popolamento di tipo europeo venne limitato a quelle aree della S. che fungevano da luogo di deportazione dei condannati ai lavori forzati. Fu comunque grazie a questi scarsi abitanti che si ebbe l'inizio della costruzione della ferrovia Transiberiana che, collegando Mosca a Vladivostok, si rivelò ben presto un forte stimolo per gli insediamenti umani. Dopo la Rivoluzione e specialmente dopo la seconda guerra mondiale, grazie a una politica di valorizzazione delle risorse del territorio, specie quelle minerarie, la densità di popolazione andò gradatamente aumentando, fino a raggiungere i 20 ab./kmq nelle regioni attigue alla ferrovia. La popolazione è attualmente in forte aumento per l'afflusso di emigrati ed è costituita da una maggioranza di Russi di origine europea e da alcuni gruppi etnici di origine asiatica. ║ Popolazione autoctona: l'insieme delle popolazioni indigene siberiane è costituito da 34 etnie che possono essere raggruppate in tre grandi insiemi linguistici: l'uralico, comprendente l'ugro-finnico e il samoiedo; l'altaico, comprendente il turco, il manciù-tunguso e il mongolo; il paleo-artico. Nel complesso tali etnie corrispondono a una piccola parte della popolazione siberiana, venendo a costituire solo il 4,5% degli abitanti, che per la parte restante sono Russi o russificati. Poiché tuttavia l'insediamento russo è penetrato soprattutto nelle zone circostanti i fiumi e la ferrovia, le zone marginali sono rimaste di dominio di queste minoranze che, a seconda delle attività primarie (caccia o allevamento), sono caratterizzate da tradizioni e usi estremamente diversi. A tali differenze di usi corrispondono profonde differenze di tradizioni religiose: mentre presso i popoli cacciatori forte è il legame con le divinità del mondo animale, i popoli di allevatori attribuiscono maggiore importanza ai culti legati al mondo dei morti. - Preist. - La presenza dell'uomo in S. è documentata a partire da circa 30.000 anni fa, con ritrovamenti nella pianura di Bering. Altre tracce, rinvenute ad Afontova Gora, risalgono al 10000 a.C., mentre a partire dal IV millennio si hanno notizie di cacciatori, di pescatori (Irkutz, Issakovo, Kitoj), di allevatori (Enisej) e di agricoltori. La comparsa del rame è databile al II millennio nella regione di Minussink. Intorno all'anno Mille i contatti con altri popoli, specie quelli cinesi, cui avevano portato le varie migrazioni, favorirono infine l'introduzione del ferro e del bronzo. - St. - La popolazione siberiana dell'ultimo millennio prima di Cristo, caratterizzata da ferocia e potenza, costituiva una vera e propria minaccia nei confronti dell'Impero cinese, dell'India e della Persia. Nei secc. V-VI fu punto di partenza delle invasioni degli Unni, ma nei secc. VI-VII la zona degli Altaj si ritrovò a dover subire la dominazione turca, sostituita, nel XIII sec., da quella dell'Orda d'Oro del Gran Khān. Sebbene i primi rapporti di tipo commerciale con la Russia iniziarono già nell'XI sec., fu solo nel 1556 che il principe di S. riconobbe la sovranità dello zar di Mosca (a quel tempo Ivan il Terribile) sulla regione. Solo gli Uzbeki si rifiutarono di sottostare al dominio russo, ma la loro sconfitta alla fine del XVI sec. ne segnò il destino. Vennero fondate importanti città: Tjumen (1686), Tomsk (1604), Kouznetsk (1618), Krasnojarsk (1628), Jakutsk (1632), Irkutsk (1652). Il 6 ottobre 1689 venne stipulato un trattato tra Russia e Cina, il Trattato di Nercinsk, con il quale il confine tra le due Nazioni veniva stabilito lungo il corso dell'Argun. Con Pietro il Grande furono esplorati il Bering e lo Messerschmidt, mentre altre spedizioni vennero organizzate nel XVIII sec. dall'Accademia delle scienze di Pietroburgo. Con i Trattati di Aigun (1858) e di Pechino (1860) fu ulteriormente definita l'area di sovranità russa, comprendente anche i territori posti a Nord dell'Amur e ad Est dell'Ussuri. Il 1860 vide anche la fondazione del porto di Vladivostok. Amministrativamente divisa in province, sottoposte a due Governi centrali nel 1822, nel 1884 la S. passò nelle mani di un viceré. Nel 1891 prese il via la costruzione della ferrovia Transiberiana, che sarebbe stata terminata nel 1904, realizzata anche grazie all'ingente apporto di capitali francesi. Nello stesso periodo la S. assunse il ruolo di luogo di deportazione per prigionieri politici. Nel 1918-19 divenne uno dei maggiori centri del movimento controrivoluzionario ma, a partire dal 1919 e fino al 1922, fu di nuovo sottoposta al controllo del Governo centrale russo che, dal 1928, iniziò a sfruttarla e valorizzarla dal punto di vista economico. La seconda metà degli anni Sessanta rappresentò un ulteriore momento di sviluppo della regione, favorito anche dall'impiego di capitale giapponese, ma durante gli anni Novanta, in rapporto alla grave crisi politico-economica della Russia, l'economia siberiana conobbe un graduale rallentamento.

Paesaggio degli Altai nella regione di Gorno Altajsk (Siberia)

Paesaggio degli Altai nella regione di Gorno Altajsk (Siberia)

Polizìa.

(dal latino tardo politia, der. del greco polítes: cittadino). Attività dell'organo esecutivo dello Stato, destinata ad assicurare l'ordine pubblico, a prevenire e accertare i reati, assicurando una tranquilla convivenza tra le parti sociali. ║ Con significato concreto, l'insieme degli individui che espletano tale attività, sia all'interno della P. di Stato, sia in altri corpi non militari (P. penitenziaria, Corpo forestale dello Stato) o militari (Carabinieri, Guardia di finanza). ║ Luogo dove risiedono gli organi di P.; in questo senso il termine è usato come sinonimo di questura (V.), commissariato (V.): andare alla P. ║ Automobile in dotazione alle forze della P. di Stato. ║ In passato, ordinamento, costituzione della città. - St. - L'antico significato del termine rimase valido per tutto il Medioevo e solo a partire dal XV sec. si cominciò a parlare di p. nel senso di mantenimento dell'ordine pubblico. Poiché si riteneva che la tutela dell'ordine e della sicurezza fossero indipendenti da un controllo dei tribunali, si manifestò la tendenza a estendere quanto più possibile il raggio d'azione della P., che finì per comprendere tutta l'amministrazione, con l'esclusione di quella militare e finanziaria. Si creò in tal modo un tipo particolare di Stato, indicato dagli storici come Stato di p., nel quale l'autorità del sovrano era esente da qualsiasi controllo giurisdizionale. Solo con l'introduzione delle costituzioni moderne e con la creazione dello Stato di diritto, la funzione della P. fu ridefinita e circoscritta. - Encicl. - P. aeronautica: ramo della P. amministrativa che si occupa del mantenimento dell'ordine pubblico degli aeroporti e della navigazione aerea. È affidata al direttore di aeroporto e, negli aerodromi privati, ai delegati di aeroporto o di campo di fortuna. Compito del direttore di aeroporto è quello di sovrintendere al movimento degli aeromobili, alle operazioni di imbarco e sbarco, alla riparazione degli aerei e al soccorso di quelli in pericolo; egli si occupa inoltre della pubblicazione dei bollettini meteorologici e coordina i servizi radioelettrici e tutti i servizi di supporto. Per quanto riguarda l'esercizio di funzioni di P. della navigazione, il direttore controlla che siano rispettate le disposizioni relative alla circolazione aerea nell'ambito della circoscrizione di sua competenza e coordina il decollo e l'atterraggio degli aerei. Sugli aerei e durante la navigazione aerea le funzioni di p. sono esercitate dal comandante, al quale sono tenuti a rispondere i membri dell'equipaggio. ║ P. amministrativa: il complesso delle attività della pubblica amministrazione volte al mantenimento dell'ordine pubblico, della sicurezza e della pace sociale. In particolare, la funzione della P. amministrativa è quella di svolgere un'azione investigativa e informativa allo scopo di provvedere al rispetto delle limitazioni imposte dalla legge alla libertà privata; qualora la legge preveda divieti in modo eventuale e non assoluto, essa svolge un'attività di autorizzazione, di divieto e di comando (licenze, permessi, iscrizioni in particolari registri, ecc.), valutando discrezionalmente le circostanze particolari. Nel caso di infrazione delle limitazioni, l'autorità amministrativa può svolgere un'attività di coercizione per reprimere le trasgressioni. La P. amministrativa si divide in diversi settori: P. di sicurezza, P. sanitaria, P. dei costumi, P. urbana, ecc. I comuni, le province e le regioni svolgono funzioni di P. amministrativa nelle materie ad essi trasferite (un esempio è costituito dal corpo di P. municipale, generalmente rappresentato dai vigili urbani). ║ P. di frontiera: servizio svolto dalla P. di Stato alle dipendenze del ministero dell'Interno, allo scopo di vigilare sul rispetto delle norme di diritto pubblico internazionale, delle convenzioni con gli Stati esteri e delle norme che regolano il transito di persone e cose alle frontiere terrestri, negli scali aeroportuali e marittimi. ║ P. di sicurezza: corpo istituito allo scopo di mantenere l'ordine pubblico, dipendente dal ministro dell'Interno, dai prefetti e dai questori, e i cui compiti furono definiti nel 1931. Utilizzata dal Fascismo come strumento di repressione politica, dopo la caduta di Mussolini la P. di sicurezza venne militarizzata e i suoi appartenenti furono sottoposti alla legge penale militare. Successivamente venne riorganizzata con la costituzione dei reparti Celere e Volante e la creazione della Criminalpol (V.) e dell'Ispettorato antiterrorismo, al quale corrispondevano a livello periferico gli uffici della DIGOS (V.). Dopo un lungo dibattito negli anni Settanta, con la L. 1-4-1981, n. 121, l'ordinamento della pubblica sicurezza fu trasformato, per un migliore adeguamento al dettato costituzionale e alle esigenze della società civile. Con la riforma, il corpo assunse il nome di P. di Stato, rimanendo alle dipendenze del ministero dell'Interno ma, a differenza dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, venne smilitarizzato; fu inoltre concesso l'accesso al personale femminile con uguali funzioni e possibilità di carriera. Dal punto di vista della formazione del personale, fu dato un nuovo impulso alle scuole di istruzione, perfezionamento e aggiornamento. Nel suo complesso la riforma consentì di migliorare la funzionalità e l'efficienza della P.; un nodo cruciale rimase tuttavia quello del coordinamento con i Carabinieri e la Finanza, mediante una più precisa definizione di compiti e funzioni, competenze tecniche e professionali, aree territoriali di intervento. ║ P. ferroviaria: divisione speciale della P., istituita nel 1945 e soppressa nel 1947; fu sostituita dal corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, che nel 1981 presero il nome di P. di Stato, sotto la direzione e la responsabilità dei commissariati di pubblica sicurezza presso le direzioni compartimentali delle ferrovie dello Stato. I compiti della P. ferroviaria comprendono la sorveglianza sulla tutela degli interessi dell'erario, sul mantenimento dell'ordine e sulla prevenzione e repressione dei reati nell'ambito ferroviario. ║ P. giudiziaria: complesso di forze previsto dal Codice di Procedura Penale tra i soggetti del procedimento (Arma dei Carabinieri, P. di Stato, Guardia di Finanza, P. penitenziaria). Costituisce un'articolazione della pubblica sicurezza con ampia autonomia, collegata al pubblico ministero e dipendente funzionalmente dall'autorità giudiziaria. Compito della P. giudiziaria, secondo l'art. 55 del Codice di Procedura Penale, è quello di prendere notizia dei reati, impedire che ne vengano commessi altri, individuarne gli autori, assicurare le fonti di prova. Essa deve inoltre svolgere le indagini disposte dall'autorità giudiziaria. Durante le indagini preliminari, la P. giudiziaria svolge, nell'ambito delle sue competenze, le indagini necessarie alle determinazioni riguardanti l'esercizio dell'azione penale. Può prendere iniziative proprie e, dopo l'intervento del pubblico ministero, può intraprendere tutte le attività necessarie all'accertamento dei reati o diventate tali in base a elementi emersi successivamente. Dal punto di vista funzionale, si distinguono servizi di P. giudiziaria con compiti investigativi nell'ambito delle diverse istituzioni preposte alla pubblica sicurezza (nuclei operativi presso i comandi dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, squadre mobili delle questure) e presso le procure della Repubblica nelle sedi dei tribunali e delle preture circondariali. Ogni autorità inquirente o giudicante può avvalersi della P. giudiziaria sotto la sorveglianza del procuratore generale nel distretto della Corte d'appello, il quale può, in determinate circostanze, disporre direttamente della P. giudiziaria. Con la L. 30-12-1991, n. 410, fu istituita la Direzione investigativa antimafia (V. DIA) con compiti investigativi volti a prevenire il fenomeno mafioso. ║ P. internazionale: V. INTERPOL. ║ P. marittima o della navigazione: insieme delle disposizioni concernenti la direzione delle navi, i rapporti fra queste, la vigilanza nei porti, e in particolare i doveri del capitano, degli ufficiali e dell'equipaggio, oltre che dei costruttori delle navi. Sulle navi mercantili la p. è affidata al capitano; su quelle militari al comandante, al comandante in seconda e ai sottufficiali aiutanti; nei porti è affidata alla capitaneria per la parte amministrativa e i reati marittimi, alle autorità di pubblica sicurezza per i reati comuni. Ugualmente a queste ultime è affidata la p. nei cantieri navali per i reati comuni, mentre alle capitanerie per quanto riguarda le costruzioni, il personale e la disciplina. ║ P. militare: negli eserciti moderni, corpo autonomo costituito da unità delle forze armate, che operano allo scopo di mantenere l'ordine tra i membri dell'esercito e nelle zone in cui vige lo stato di guerra. In Italia i compiti di P. militare sono svolti dal Corpo dei Carabinieri. ║ P. penitenziaria: corpo che si occupa dell'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale all'interno dei penitenziari. Istituita in sostituzione del Corpo degli agenti di custodia (L. 15-12-1990, n. 395), è smilitarizzata e rientra tra le forze di P.; ad essa viene applicata la normativa relativa agli impiegati civili dello Stato. ║ P. politica: locuzione generica, usata per indicare particolari corpi di P. ai quali spetta la funzione di vigilare sui reati contro l'ordine pubblico e di reprimerli. ║ P. privata: sia gli enti pubblici e collettivi, sia i privati possono dotarsi di guardie particolari, allo scopo di proteggere i propri beni da eventuali offese e danneggiamenti. Gli agenti e gli istituti di vigilanza e di investigazione privata sono disciplinati dagli artt. 133-141 R.D. 18-6-1931, n. 773, e dai successivi D.L. 26-9-1935, n. 1.952, e 12-11-1936, n. 2.144. La P. privata non può avvalersi di perquisizioni, intercettazioni telefoniche, interrogatori e in genere tutti gli atti restrittivi della libertà del cittadino (V. anche VIGILANZA). ║ P. sanitaria: opera allo scopo di tutelare l'igiene e la sanità pubblica e si esplica attraverso una serie di limitazioni all'attività dei singoli e con una serie di prestazioni degli enti pubblici ai singoli. Tra le limitazioni ricordiamo il divieto per i sanitari (medici, chirurghi, farmacisti, veterinari) di esercitare la loro professione se non sono iscritti all'albo professionale e l'obbligo di sottostare alla disciplina e alla vigilanza dell'ordine e al controllo delle competenti autorità locali; essi sono inoltre tenuti a denunciare ciò che può interessare la sanità pubblica. Le industrie produttrici di prodotti chimici utilizzati in medicina, di sieri o di vaccini, sono sottoposte a denuncia preventiva, licenza o autorizzazione. La produzione e il commercio di sostanze destinate all'uso alimentare sono soggetti a vigilanza (L. 30-4-1962, n. 283). Esistono disposizioni per impedire la diffusione di malattie infettive (legge sanitaria, artt. 226, 253 e seguenti, 309 e seguenti), per controllare le esalazioni insalubri delle industrie e per tutelare la popolazione dalle radiazioni ionizzanti. ║ P. scientifica: settore della P. giudiziaria al quale spettano lo studio e l'applicazione di metodi tecnici a base scientifica (analisi chimiche e fisiche, balistica, analisi del "falso", impronte digitali, ecc.) utili alle indagini. Ebbe origine alla fine del XIX sec. grazie ai contributi forniti dall'antropologia criminale e dalla medicina legale. ║ P. segreta: termine con il quale comunemente si indicano le forze speciali addestrate per particolari operazioni di sorveglianza clandestine. Si tratta spesso, soprattutto nel caso di regimi totalitari, di operazioni non legali, usate allo scopo di sopprimere o di limitare l'azione degli oppositori politici. ║ P. stradale: ha il compito di prevenire e accertare i reati sulle pubbliche strade; si occupa inoltre delle segnalazioni relative alla sicurezza della viabilità, delle operazioni di soccorso automobilistico, della vigilanza per la conservazione del demanio stradale, nonché della predisposizione e dell'esecuzione dei servizi diretti a regolare il traffico. L'espletamento dei servizi relativi spetta in primo luogo a uno speciale corpo della P. di Stato; per quanto riguarda le strade urbane, l'espletamento di tali servizi è assicurato anche ai corpi dei vigili urbani, ai funzionari dell'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali (ANAS), dell'Ispettorato generale della motorizzazione civile, oltre che ai funzionari e agenti del ministero dell'Interno addetti al servizio di P. stradale. ║ P. tributaria: ha il compito di accertare le violazioni delle disposizioni contenute nelle leggi finanziarie dello Stato, in modo da combattere l'evasione e la frode fiscale e reprimere il contrabbando. È costituita da ufficiali e agenti della P. tributaria e della P. giudiziaria ordinaria. Qualora gli agenti di quest'ultima vengano a notizia di un reato per il cui accertamento la legge preveda la competenza della P. tributaria, questa deve essere avvertita; nel caso in cui, per circostanze di tempo e di luogo, non sia possibile l'intervento immediato degli organi della P. tributaria e vi sia fondata ragione di temere che le tracce del reato vengano alterate o disperse, gli ufficiali e gli agenti della P. giudiziaria ordinaria sono autorizzati a provvedere agli atti del loro ufficio, fino a che non intervengano gli organi della P. tributaria. Per assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, gli organi della P. tributaria hanno facoltà di accedere in qualunque ora agli esercizi pubblici e ad ogni locale delle aziende industriali o commerciali, per eseguire verifiche e ricerche. ║ P. urbana, edilizia e rurale: rami della P. amministrativa, le cui norme particolari sono contenute nei regolamenti locali. Esse riguardano la vendita dei generi alimentari, la nettezza dell'abitato, la circolazione nelle pubbliche strade, la costruzione e il restauro di edifici, la repressione dei furti campestri, la disciplina del pascolo, la manutenzione delle strade vicinali, la distruzione di piante e animali nocivi all'agricoltura. ║ P. veterinaria: complesso delle norme legislative e degli strumenti di attuazione e controllo in materia di sanità degli allevamenti animali e degli alimenti destinati all'uomo e agli animali. Al D.P.R. 8-2-1954, n. 320, con il quale veniva varato il regolamento di P. veterinaria, si aggiunsero in seguito numerose leggi (soprattutto in attuazione di direttive CEE) volte a evitare le frodi commerciali e la sofisticazione sugli alimenti.

Zarista.

Concernente lo zar, lo zarismo; fautore dello zar.

Zar.

(dal russo tzar', der. del latino caesar). Re, condottiero, imperatore. - Encicl. - Inizialmente furono insigniti di tale titolo alcuni sovrani bulgari e serbi, a cominciare da Simeone (893-907) e da Boris I (1064) di Bulgaria, che intendevano sottolineare la continuità politica con Roma e il carattere universale del loro mandato. In Russia il titolo fu assunto per la prima volta da Ivan IV il Terribile (1547) e rimase in uso fino all'assassinio dell'ultimo Romanov, Nicola II (1917), assumendo, con Pietro I il Grande (1721), che gli sostituì il termine di imperator, il significato di "re" (Alessandro I fu imperatore di Russia e zar di Polonia). In quest'ultima accezione fu ripreso dai sovrani di Bulgaria dal 1908 al 1946.

Bolscevico.

Bolscevismo.

(dal russo bol'sevizm). Movimento e partito dei bolscevichi (bol'seviki: maggioritari). Il nome fu assunto nel 1903 dalla frazione di maggioranza (rivoluzionaria) del Partito socialdemocratico russo e divenne in seguito sinonimo di Comunismo. Sin dal congresso del partito del 1903, l'influenza della personalità del giovane Lenin aveva diviso la socialdemocrazia russa in due correnti: bolscevichi e menscevichi. All'inizio si trattò di una divisione non ben definita e non paragonabile a quella che stava avvenendo nell'Europa occidentale tra marxisti rivoluzionari e riformisti, ossia tra coloro che credevano nella necessità di una rivoluzione e coloro che la rifiutavano. Tutti i socialdemocratici russi, all'inizio del secolo, erano su posizioni rivoluzionarie e il programma del partito, approvato unitariamente nel 1903, pur prevenendo come prima fase una rivoluzione democratico-borghese, poneva come condizione essenziale della fase successiva la "dittatura del proletariato", ossia "la conquista da parte del proletariato di un potere politico tale da permettergli di schiacciare ogni opposizione degli sfruttatori". A differenza dell'Europa occidentale dove la rivoluzione democratico-borghese era già avvenuta, la Russia si trovava ancora in una fase precapitalistica. Pertanto, lo scopo immediato del partito era una rivoluzione democratica che comportasse le libertà politiche tipiche della democrazia borghese, in particolare, un'assemblea costituente basata sul suffragio universale. Nonostante la comune scelta rivoluzionaria, non mancavano anche in sede teorica serie divergenze tra i socialdemocratici russi e, dopo la rivoluzione del 1905, cominciarono a manifestarsi dissensi su questioni fondamentali, soprattutto di natura politica. In particolare le idee di Lenin sul partito, concepito come una piccola e disciplinata élite capace di guidare il proletariato preservandolo dalla sua naturale propensione a contentarsi di piccole riforme trascurando la meta principale, cioè la rivoluzione, aveva suscitato sin dal 1903 l'opposizione dei menscevichi, convinti, secondo lo schema marxiano, che la liberazione dei lavoratori doveva essere compiuta dai lavoratori stessi, e che nel Marxismo vedevano un mezzo per guidare la Russia su una via di sviluppo democratico di tipo occidentale. Dall'interpretazione della rivoluzione del 1905 emersero infatti tre diverse teorie politiche: quella menscevica, quella trotzkijsta e quella bolscevica. I menscevichi rafforzarono la loro convinzione che la prima fase della rivoluzione, ossia la fase democratica, doveva essere opera dei partiti borghesi e che perciò il Partito socialdemocratico non doveva partecipare al governo democratico-parlamentare che sarebbe sorto da questa rivoluzione e tantomeno tentare di forzare i tempi per passare alla fase successiva, quella della rivoluzione sociale e della dittatura del proletariato. Da parte sua Trotzkij, che era stato l'unico tra i capi del partito (gli altri leader vennero colti di sorpresa mentre erano all'estero) a partecipare al Soviet di Pietroburgo espresso dalla rivoluzione, affermava che, qualora si fosse potuto contare sull'appoggio delle rivoluzioni degli altri Paesi europei, la fase democratica e quella socialista avrebbero potuto essere contenute l'una nell'altra, così che la fase socialista si sarebbe sviluppata contemporaneamente a quella democratica. Tenendo però conto che, essendo la Russia un paese agricolo ed essendo la maggioranza dei contadini istintivamente più vicina all'ideologia borghese che a quella socialista, era necessario che il proletariato industriale assumesse la guida anche dei contadini per avere ragione della loro cultura reazionaria. I bolscevichi, e più in particolare Lenin, respingevano la teoria trotzkijsta considerandola semi-anarchica. Essi s'opponevano ancora più decisamente ai menscevichi, affermando la necessità della partecipazione dei socialdemocratici a un eventuale governo democratico-borghese e per definire questa coalizione, Lenin coniò l'espressione "dittatura rivoluzionario-democratica del proletariato e dei contadini". Nessuno di questi tre punti di vista fu in pratica accettato nel 1917 quando i menscevichi, che avevano insistito sulla non partecipazione al governo, entrarono nel governo provvisorio, mentre i bolscevichi che avevano affermato la necessità di tale partecipazione, la respinsero e operarono in modo da provocare il fallimento del governo democratico. Lenin si era infatti avvicinato al punto di vista di Trotzkij che la rivoluzione socialista poteva essere attuata anche se la fase democratica era appena iniziata e mise in pratica anche la teoria del proletariato come avanguardia della rivoluzione. La separazione dei due tronconi della socialdemocrazia russa e l'esistenza di bolscevichi e menscevichi non più come correnti o gruppi dello stesso schieramento, ma come partiti separati risale al congresso convocato a Praga da Lenin nel 1912 e i cui delegati, a grande maggioranza bolscevichi, elessero un Comitato Centrale composto di soli bolscevichi, procedendo all'espulsione della grande maggioranza dei menscevichi accusati di essere dei "liquidatori" in quanto chiedevano lo scioglimento delle organizzazioni separate dal partito. Ne risultò una più salda unità dei seguaci di Lenin come dimostrò nel 1914 la presa di posizione di fronte alla guerra. Nelle dispute con i partiti socialisti europei sulla politica da seguire nei confronti della guerra, Lenin si convinse della necessità per i partiti rivoluzionari e i gruppi di opposizione interni ai partiti di arrivare a una rottura con la Seconda Internazionale e di fondare una Terza Internazionale comunista. In questo senso egli operò nel corso delle conferenze internazionali di Zimmerwald (settembre 1915) e di Kienthal (aprile 1916). Dopo la rivoluzione del febbraio 1917, i bolscevichi fecero parte come gruppo di minoranza del Soviet di Pietroburgo in cui erano predominanti i socialisti rivoluzionari e i menscevichi. Con questi ultimi condividevano l'opinione che in quella fase non era compito dei partiti socialisti governare, ma agire come gruppo di pressione sui partiti della classe media che avevano assunto il governo. I marxisti russi, sia bolscevichi sia menscevichi (a quell'epoca essi conservavano ancora unite la maggior parte delle loro organizzazioni) concordavano sul fatto che quella di febbraio era una rivoluzione democratico-borghese e che era necessario contribuire al suo consolidamento per preparare la fase successiva e il passaggio al socialismo. Tuttavia, per quanto Lenin non avesse mai respinto apertamente l'ortodossia marxista della rivoluzione, fu sempre convinto che un partito, se adeguatamente organizzato, può impadronirsi improvvisamente del potere. Il piano d'azione rivoluzionario di Lenin per il partito bolscevico prese forma nel marzo 1917, mentre egli si trovava ancora in Svizzera, e raccomandava una tattica di "diffidenza assoluta" e di non appoggio al governo democratico-borghese. Quando Lenin arrivò a Pietroburgo nell'aprile 1917, esisteva una forte tendenza alla riunificazione dei due tronconi della socialdemocrazia e la maggioranza dei bolscevichi si oppose alla proposta di Lenin di cambiare il nome del partito socialdemocratico del lavoro (bolscevico) in partito comunista, un cambiamento che avrebbe dovuto sottolineare la definitiva rottura dei bolscevichi con la socialdemocrazia. Lenin riuscì però a conquistare tutto il partito bolscevico alle proprie idee esposte in una serie di "tesi" fatte conoscere immediatamente dopo il suo arrivo in Russia. In esse si chiedeva di "non sostenere il governo provvisorio", di operare per l'istituzione non di "una repubblica parlamentare, ma di una repubblica di Soviet dei rappresentanti degli operai, dei militari e dei contadini dell'intero Paese... la confisca di tutte le proprietà dei possidenti, la nazionalizzazione della terra, una banca unica nazionale... l'abolizione dell'esercito e della polizia". Le tesi di Lenin furono approvate all'unanimità alla VII Conferenza panrussa del partito (aprile-maggio 1917) e a partire da giugno furono organizzati i comitati di fabbrica e di officina sotto il controllo del comitato centrale del partito, che misero i bolscevichi nella condizione di poter competere col Soviet di Pietroburgo, dove essi erano in minoranza, per il controllo delle masse operaie. Benché nelle dimostrazioni del luglio successivo, in cui a centinaia si contarono i morti, il Partito bolscevico avesse operato come freno, non ritenendo ancora maturo il momento per la rivoluzione socialista, il governo decise di prendere provvedimenti per la pressione dei bolscevichi. Le misure adottate, benché obbligassero i dirigenti bolscevichi più in vista a nascondersi, non ottennero l'effetto voluto, dato che non riuscirono a distruggere la macchina organizzativa bolscevica in espansione attraverso la guardia rossa, i comitati di fabbrica e le organizzazioni militari. A ciò si aggiunse la rivolta dei contadini affamati di terra che si rivelò un fattore di grande importanza per la caduta del governo provvisorio e la conquista del potere da parte dei bolscevichi. D'altra parte, nei mesi precedenti, Lenin aveva lavorato per evitare la riunificazione con i menscevichi e costruire un partito di "rivoluzionari decisi e compatti" che sin dal 1902 egli aveva indicato come il solo mezzo che il proletariato aveva per prendere e conservare il potere. Gli stessi avvenimenti presero una piega che allontanò ogni possibilità di unificazione delle due ali del partito socialdemocratico, dato che la destra menscevica, impegnata nella coalizione con i partiti borghesi, aveva ormai perduto ogni spinta rivoluzionaria e non aveva ormai più niente in comune coi bolscevichi che avevano nel frattempo guadagnato alla propria causa gran parte delle masse proletarie. In luglio era invece praticamente avvenuta l'unificazione con il gruppo trotzkijsta dei Mezdurajonsty che fu ratificata in agosto dal sesto congresso del partito. In settembre i bolscevichi si assicurarono la maggioranza al Soviet di Pietroburgo di cui Trotzkij fu eletto presidente. Questo fatto fu seguito da un analogo successo al Soviet di Mosca e in vari centri industriali, mentre fervevano i preparativi per la caduta del governo provvisorio e la conquista del potere. Lenin coniò lo slogan "tutto il potere ai Soviet" come parola d'ordine insurrezionale e spinse il comitato centrale a intraprendere una immediata azione affermando che ormai una rivolta armata era inevitabile e "il movimento perfettamente maturo". Il 22 ottobre il Soviet di Pietroburgo votava l'istituzione di un comitato militare rivoluzionario che sotto la direzione di Trotzkij guadagnò un rapido ascendente sulle truppe di guarnigione, preparando la strada alla presa di potere da parte del congresso dei Soviet (V. RIVOLUZIONE SOVIETICA). Nel marzo 1918, al settimo congresso del partito, Lenin propose di cambiare il nome da Partito socialdemocratico russo del lavoro in Partito comunista russo. La proposta fu accolta all'unanimità e il cambiamento di denominazione sancì la completa rottura con i partiti socialisti della Seconda internazionale e, più in particolare, con i menscevichi russi. Il termine b. fu usato in seguito nei Paesi capitalisti per qualificare, anche in senso polemico, il comunismo sovietico generale.

Pravda.

Voce russa: verità. Quotidiano russo. Sorto per iniziativa di un cospicuo gruppo di operai di Pietroburgo, fu pubblicato per la prima volta il 22 aprile (5 maggio) 1912, sotto la direzione e la collaborazione di Lenin, principale ispiratore ideologico della rivista. Durante il regime zarista venne più volte soppresso e dovette uscire con titoli diversi. Ricomparve con il titolo originario (e con periodicità regolare) il 27 ottobre (9 novembre) del 1917, data in cui fu prescelto come organo ufficiale del Comitato centrale del Partito comunista. Nel marzo dell'anno successivo la sua sede fu trasferita a Mosca. Ebbe ampia diffusione soprattutto nel periodo compreso tra il 1920 e lo scoppio della seconda guerra mondiale, anni in cui la Russia assistette a un notevole miglioramento delle comunicazioni interne e, soprattutto, del livello di alfabetizzazione. Il giornale, la cui sorte risultava indissolubilmente legata alle vicende politiche del Paese, andò incontro a una nuova sospensione nell'agosto del 1991, dopo il fallimento del tentato colpo di Stato. Riprese in seguito le pubblicazioni, presentandosi come testata indipendente.

Rivoluzione.

Trasformazione dell'ordine politico o sociale vigente, mediante un'azione violenta e organizzata: la R. francese del 1789. ║ Per estens. - Qualsiasi radicale mutamento nelle strutture socio-economiche: la r. industriale del XVIII sec. ║ Per estens. - Cambiamento radicale nel modo di pensare o di agire. In questo senso, si parla di r. copernicana per indicare l'impatto della teoria eliocentrica di N. Copernico sulle precedenti teorie cosmologiche, di r. scientifica a proposito dell'affermazione dei modelli fisico-matematici di G. Galilei e I. Newton, di r. demografica per designare un processo evolutivo, constatato in alcune popolazioni, caratterizzato da un forte declino della mortalità e della natalità, di r. dei prezzi per connotare il vertiginoso aumento dei prezzi che si determinò in Europa a partire dalla metà del XVI sec. a seguito delle scoperte geografiche. ║ Per estens. - Espressione utilizzata da I. Kant nella Critica della ragion pura per indicare il ribaltamento di prospettiva determinato dall'aver posto al centro del processo conoscitivo il soggetto inteso come la ragione che costruisce il proprio oggetto, cioè i concetti, le definizioni, le leggi e la stessa immagine fisica del mondo. ║ Fig. - Situazione di notevole disordine: c'è una tale r. nella stanza dei bambini! - Astron. - Moto di r.: movimento di un corpo celeste intorno al suo centro di gravitazione. ║ Periodo di r.: la durata di una r. ║ R. siderale: con riferimento al moto di r. di un pianeta o un satellite, tempo che l'astro, visto dal centro di moto, impiega per tornare nella stessa posizione tra le stelle. ║ R. anomalistica: tempo che separa due successivi ritorni nello stesso punto di un astro di orbita ellittica. - Dir. - Il fenomeno denominato r. ha, nella dottrina giuridica, un significato tutt'altro che univoco; prevalentemente, però, si è soliti indicare la modificazione costituzionale di uno Stato avvenuta in contrasto con le leggi di questo, piuttosto che semplicemente una modificazione che avviene in forma legale e, tuttavia, comporta un radicale mutamento nella direzione politica dello Stato. In quest'ottica, il problema della validità del nuovo ordinamento viene risolto assegnando al suo concreto affermarsi la caratteristica di fatto giuridico valido e, perciò, legittimo. In questo senso, è orientato anche il diritto internazionale: infatti, anche per esso vale il principio dell'effettività dell'ordinamento; da questa prospettiva, dunque, non viene attribuito alcun particolare significato ai rivolgimenti interni che lasciano inalterata l'esistenza dello Stato e il riconoscimento del nuovo ordinamento non ha, da un punto di vista giuridico, altro valore se non di accertamento del mutamento. - Filos. pol. - Col termine r. la scienza politica indica l'instaurazione di un nuovo ordine politico-sociale mediante un'azione violenta e organizzata, alla quale partecipano più o meno attivamente anche le masse popolari; in questo senso, esso è tenuto distinto tanto dalla ribellione o rivolta (che non propugna alcun sovvertimento totale dell'ordine costituito ma mira, piuttosto, al soddisfacimento di istanze politiche o economiche più immediate e circoscritte) quanto dal colpo di Stato (che si prefigge la sostituzione delle autorità politiche senza modifiche sostanziali del quadro istituzionale esistente e che, comunque, accade senza alcuna partecipazione popolare). Benché le cause delle r. siano differenti a seconda dei singoli contesti socio-culturali, gli studiosi riescono, tuttavia, a procedere ad alcune generalizzazioni tramite la costruzione di modelli idealtipici; le cause scatenanti dei fenomeni rivoluzionari vengono così suddivise in primarie e secondarie, intendendo con ciò porre una distinzione analitica tra condizioni di fondo necessarie per lo scoppio della r. e avvenimenti che la provocano direttamente. Le prime possono essere ricondotte all'incapacità delle istituzioni tradizionali di far fronte a nuovi bisogni sociali; le seconde comprendono le fratture all'interno dell'élite dominante, il venir meno anche temporaneamente della lealtà da parte delle forze armate e l'azione di gruppi guerriglieri. L'analisi empirica permette altresì di porre in rilievo alcune ulteriori costanti dei processi rivoluzionari: ad esempio, sembra un corollario inevitabile delle r. un periodo più o meno lungo di guerra civile, così come si rivela spesso decisiva per il suo esito la posizione che assumono le forze armate. Nel modo in cui è stata sin qui configurata, la r. si caratterizza come fenomeno specificamente moderno; non è un caso, da questo punto di vista, che nella storia del pensiero politico, il concetto di r. così inteso compaia piuttosto tardi. Esso era, infatti, sconosciuto tanto ai filosofi greci Platone e Aristotele, che ritenevano che i mutamenti nella forma di governo avvenissero secondo sequenze cicliche e, comunque, con la semplice alterazione della composizione della classe governante, quanto agli storici romani Tacito e Polibio, che studiarono principalmente quei fenomeni di sostituzione violenta delle autorità politiche che non producono significativi mutamenti giuridico-costituzionali e che sono comunemente classificati come colpi di Stato; né lo utilizzò N. Machiavelli che, infatti, si rifaceva ai classici latini, sebbene all'epoca sua il termine fosse entrato in uso per indicare il moto circolare e ciclico degli astri. In verità, nemmeno la R. inglese del 1688-89 può a rigore essere definita come r., essendo finalizzata a porre fine a periodi di sconvolgimenti e non a instaurare un ordine nuovo; r. fu quella di Cromwell, che nel 1649 fece decapitare il re d'Inghilterra Carlo I, proclamando la Repubblica (Commonwealth) e divenendone il lord protettore. In ogni caso, è alla R. francese che si deve quella rottura politica ed epistemologica che consentì la nascita del concetto di r. nel senso sopra esposto e la sua circolazione nel dibattito filosofico-politico successivo. In questo dibattito, fu certo la figura di K. Marx a svolgere un ruolo di assoluto rilievo: egli, infatti, concepì la storia come sequenza di processi rivoluzionari e teorizzò la r. proletaria quale ultimo e necessario stadio di questa sequenza; nella misura in cui, infatti, fossero esplose le contraddizioni del sistema capitalista e la classe operaia avesse preso coscienza del proprio ruolo, si sarebbe verificata quella r. che avrebbe condotto, alla fine, al Comunismo, ovvero a una società nella quale sarebbero venute meno le situazioni di sfruttamento e alienazione tipiche del modo di produzione capitalista. Secondo le analisi di Marx, quindi, la r. proletaria sarebbe scoppiata nei Paesi a capitalismo avanzato, mentre per i Paesi più arretrati si sarebbe prima reso necessario passare per una fase capitalista. Di diverso avviso fu, invece, Lenin, il quale sostenne che il capitalismo era giunto con l'imperialismo al suo stadio finale e che, dunque, il processo rivoluzionario doveva essere portato a compimento (come poi effettivamente accadde nel 1917 con la cosiddetta R. d'Ottobre) anche in Paesi in condizioni di sottosviluppo come la Russia zarista, senza attendere di passare attraverso una fase capitalista. Importanti contributi alla teoria e alla prassi rivoluzionaria vennero successivamente da Che Guevara, il quale da un lato insistette sul ruolo centrale di un ristretto gruppo di guerriglieri (il foco) in grado di sfidare il Governo e le sue forze militari, dall'altro rivalutò, anche alla luce delle esperienze cinesi e vietnamite, il ruolo dei contadini per il buon esito della r. Verso la fine del XX sec., però, soprattutto a seguito del crollo del muro di Berlino (1989), gli ideali rivoluzionari hanno perso parte del loro fascino in favore di pratiche politiche prettamente riformiste; conseguentemente, anche gli studi sul fenomeni rivoluzionari si sono orientati verso analisi a carattere essenzialmente descrittivo.

Civile.

Di cittadino, dei cittadini, considerati come parte d'uno Stato. ║ Che è rivolto a formare il vero cittadino. ║ In contrapposizione a militare, religioso, ecclesiastico, penale. ║ Con riferimento alla condizione sociale, ai modi, al comportamento, c. denota buona educazione, cortesia. ║ Che ha raggiunto un alto grado di civiltà materiale o spirituale, opposto a barbaro. ║ Diritto c.: complesso delle norme di diritto privato che si applicano all'universalità dei cittadini. ║ Complesso di norme, contrapposto al diritto della Chiesa. ║ Contrapposto al diritto militare è un diritto generale di fronte al quale il diritto militare è un diritto speciale a una particolare classe di persone. Le partizioni tradizionali della materia civilistica sono le seguenti: diritto delle persone e di famiglia, comprendente la disciplina della condizione della persona, del matrimonio, della famiglia e della filiazione; diritti reali, sulla natura giuridica delle cose e sulla disciplina dei diritti di proprietà e di ogni altro diritto sulle cose; diritto delle obbligazioni, comprendente la dottrina dei rapporti obbligatori; diritto successorio, contenente i principi della successione a causa di morte. - St. - Il primo codice c. promulgato dopo la nascita dello Stato unitario italiano fu quello del 1865.

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